"Rudi is an artist, an animal and a cunt"
(Jerome Robbins)
Presa dalla sindrome del mastino che non molla mai la presa, ho deciso di leggere anche questo bel tomo da 700 pagine. Perché se qualcosa tocca le corde della mia curiosità io devo approfondire.
L'ho comprato nuovo perché avevo letto recensioni positive, ma l’ho quasi finito e mi ha lasciata un po' vuota. Non ci sono eroi qui, è in definitiva una storia sordida e triste. E' ricco di dettagli sulla danza che sicuramente fanno la felicità degli appassionati, viene dato un posto di rilievo agli amici abituali e ai collaboratori stretti. Ci sono le lettere inedite che Bruhn scrisse a Rudik, lettere che in teoria Nureyev avrebbe dovuto distruggere in ragione di un patto fra i due amanti, patto a cui però tenne fede il solo Erik. Così dei sentimenti di Rudik è rimasto poco ed è una lettura a senso unico. Malvagio e scorretto Rudik!
Per quanto riguarda l'insondabile mistero dei rapporti umani in questo libro ho percepito una certa aridità, una distanza, soprattutto da un certo punto in poi. Dovuta, forse, al ritratto misero e meschino dell'uomo a contrastare la grandezza dell'artista. Triste.
Un eterno adolescente dall'energia sovrumana, estremamente carismatico e capace di stregare chiunque, vampiro egoista ed egocentrico incapace sostanzialmente di dare in cambio qualcosa rispetto alla quantità di bene ricevuto, se non in rari casi ad ancora più rare persone.
Un dio della danza votato solo alla sua arte come unica, sola, imprescindibile ragione di vita in nome della quale ha sacrificato tutto e tutti. A tratti tenero, a tratti patetico, a tratti perdonabile, molto imperdonabile. Fuori dal palco la sua vita era solo un'appendice, circondato com'era da persone servili e compiacenti, prone al suo enorme, incredibile ego. Eppure a volte non si riesce a non trovarsi inteneriti...c'è una profondissima solitudine, la paura onnipresente provocata dal sentirsi sempre braccati. L'abbandono totale degli affetti familiari. La fame vorace per ogni aspetto della vita a ricordare quella per il cibo subita da bambino.
Imperdonabile, ma comprensibile.
Prossimamente passerò ad altro, e quindi appunto qui qualche sega mentale molto personale, qualche considerazione sparsa.
Gironzolando in rete ho scoperto su un forum due foto che Nureyev teneva vicino al suo letto nella casa di Parigi, vendute poi all'asta da Christie's e ad una verifica sono effettivamente visibili in una foto della stanza. Erik Bruhn e Margot Fonteyn, le uniche persone che ha sempre dichiarato essere le sole amate.
La camera di cui parlo e i due ritratti visibili vicino al letto e che ho trovato in rete
(sperando di non infrangere nessun divieto, nel caso le toglierò).
Amore. Penso sia vero nel caso di Margot Fontayne, con la quale ha avuto un legame fortissimo ed eterno, nonostante la notevole differenza d'età. Alla quale deve moltissimo da un punto di vista professionale ma anche umano, ricambiando con assoluta riconoscenza e generosità.
C'è una mistero pettegolo che li circonda (hanno consumato oppure no?) ma un legame umano, lavorativo e spirituale di tale portata è già qualcosa di notevole. La passione fatta balletto. Io sono dalla parte degli scettici, a lui sostanzialmente non piacevano le donne (a volte sfiorava la misoginia) e il loro rapporto era secondo me di altra natura, quella di due spiriti affini e in perfetta simbiosi, il sesso sarebbe stata una complicazione, ma nella vita di due persone simili non ci può essere nulla di certo o di normale.
Margot per lui era "l'unica cosa che ho, la sola cosa importante": madre, amica, collega, compagna, confidente, complice, innamorata, famiglia, tutto. Ed erano sempre insieme, un filo diretto che non ha ceduto al passare del tempo. Ma amanti non credo: lui era follemente infatuato di Bruhn e lei amava suo marito, due rapporti fallimentari. Margot decise, con quell'incredibile tempra d'acciaio che la caratterizzava, di occuparsi del marito rimasto paralizzato in seguito all'agguato da parte di un uomo cornuto. Non era fedele il marito di Margot, era uno stronzo, ma alla fine è stato suo e lei ha danzato con incredibile caparbietà fino ai sessantanni per potersi permettere di pagargli le cure necessarie. Una donna incredibile, dotata di una lealtà sovrumana per i suoi amici.
Nel ritratto accanto al letto c'è una Margot splendente, immortalata durante una delle serate passate insieme al suo amico, complice e sorridente. Un rapporto strettissimo durato una vita intera, fino alla morte di Margot per cancro. Rudik non le ha mai fatto mancare la sua vicinanza, fisica e affettiva, fino all'ultimo respiro. E sì, se non è Amore questo mi chiedo cos'altro possa esserlo.
Nel 1965
Per quanto riguarda Bruhn sono arrivata alla conclusione che fosse amore a senso unico da parte di Erik, che ha amato il suo "bellissimo mostro" per quello che era, con la consapevolezza di un uomo di dieci anni più vecchio.
Anelava ad un rapporto stabile e lontano dalle luci della ribalta, lui che era introverso e avrebbe voluto farsi ombra, ma già sapeva sarebbe stato impossibile, per la lontananza dovuta alla professione, per l'ambizione di entrambi, per la legge degli opposti che si attraggono e nella storia di questo rapporto gli opposti sono assoluti.
Erik che era fedele e monogamo e non concepiva sesso e amore come qualcosa che non fosse un tutt'uno, al contrario di Rudi che notoriamente era un satiro che vedeva il sesso come valvola di sfogo. Con chiunque colpisse la sua fantasia e in totale spregio dei sentimenti dell'altro e che marcava nettamente il confine fra banale sesso e preziosa intimità.
Erik che era geloso di Margot e deve aver sofferto come un cane per questo. Che ha dato, ha insegnato e si è trovato alla fine di questa corsa esausto, sfinito, totalmente prosciugato e così provato dai continui tradimenti dell'amato mostro da rimetterci in salute e arrivare fin quasi alla morte.
Non che fosse l'amore perfetto, Erik, tutt'altro. Lui, che era sempre rimasto chiuso nel suo gelido guscio protettivo, non era pronto a questa furia, ne era spaventato e spiazzato e profondamente lacerato, complesso e pieno di demoni com'era, di fronte a quest'impeto ha sempre trovato sollievo nella fuga a gambe levate. Rudik scombussolava semplicemente un equilibrio faticoso, a volte non tollerava la sua vicinanza. Ma lo amava.
In alcuni punti le sue lettere sono strazianti, la loro storia tumultuosa e tormentata è esattamente quella di due pianeti che si attraggono, si scontrano ed esplodono. In qualche modo è riuscito a trovare una via di fuga, una rinascita dopo una profondissima depressione e due interventi allo stomaco e nonostante lo scontro epico di ego e di caratteri sia durato per tutta la vita, l'amore (o l'affetto) è sempre stato lì, lo si capisce dalle sue interviste.
Rudik invece quasi subito era rimasto deluso dall'uomo fallibile e imperfetto che era Erik. Beveva e tanto, tantissimo, troppo. Fumava ancora di più e aveva una risata spiazzante, carnivora abbinata un senso dell'umorismo tagliente e qualche volta orribilmente cattivo di cui era ben consapevole. Aveva la fama di uno difficile da avvicinare, e ubriaco lo era di più. Fragile per molti versi, come nella volontà di autodistruzione, ma anche d'acciaio per altri, nell'abnegazione che metteva nella passione per la danza che era la sua vita. Ben diverso dal dio ideale delle sue aspettative.
Eppure c'era quel modo etereo e pulitissimo di ballare, quella musicalità, quella sensibilità profonda, quell'elusività fredda come il ghiaccio che contrastavano l'indole sfacciata, completamente svelata e animalesca dell'altro. Inafferabile Erik. E finì per diventare una terribile ossessione. "He's so cold he's like ice: you touch it and it burns you", diceva di fronte ai filmati della danza di Erik che tanto lo avevano affascinato in Russia. E Bruhn era effettivamente la punta di un iceberg di un mondo insondabile e spesso oscuro e sfuggente. E Rudik era sempre, sempre incantato di fronte all'artista che era il suo punto d'arrivo ideale, ma inarrivabile nella sua perfezione, ammirazione che è diventata nel corso degli anni una competizione logorante da parte di entrambi. Non è riuscito a cannibalizzarlo totalmente come avrebbe voluto, c'è riuscito in buona parte con l'uomo ma non con la sua arte, e anche l'uomo alla fine è volato via.
Si è bruciato e questa follia è diventata "the Curse", qualcosa che avrebbe evitato come la peste in tutti gli anni a venire. Lo ha rincorso per anni prima di arrendersi, e non ha mai avuto il riconoscimento che tanto anelava rispetto alla sua danza (crudele Erik!).
Ed è arrivato tardi al suo capezzale quando stava morendo di cancro, quando Erik era ormai incosciente e perso per sempre dopo giorni in cui aveva chiesto con urgenza di lui, in un eterno rapporto fatto di vicinanze sfiorate ma mai raggiunte veramente. Senza potergli più parlare, si è steso sul letto e lo ha abbracciato nel delirio, vicinissimo ma ormai estraneo. Stavano progettando di ritrovarsi prima o poi ad invecchiare insieme in un bel posto, in Turchia o in Grecia, di aprire forse una scuola di danza e l'idea piaceva molto ad entrambi.
L'amore non sono sicura ci fosse davvero, probabilmente no, era ossessione e fame di possesso e penso che nel corso degli anni anche Bruhn sia affogato nell'ego smisurato di Nureyev. Ma se dovessi giudicare dai piccoli dettagli insignificanti, un sentimento c'è stato. Particolari come il sogno di due vecchi amici riuniti dalla danza in terre bellissime, come un dolore così grande di fronte alla morte da doverlo seppellire in un silenzio sordo e assordante. Come la foto privata di un uomo sorridente, con ancora tracce della memorabile bellezza di un Apollo, tenuta accanto al letto fino alla fine.
Del Bruhn intimo non parlava mai volentieri, meno ancora dei suoi sentimenti per lui, così come non ha mai chiarito il mistero dei suoi presunti rapporti sessuali con Margot e dell'effettivo legame con lei. Di Rudolf penso che la parte più interessante, affascinante e probabilmente la più umana e amabile, fosse quella piccola punta dell'iceberg rovesciato che non mostrava a nessuno, quello che questo mostro quasi interamente svelato al mondo teneva per sé. Quello che le biografie non possono raccontare, e questi misteri sono morti con lui.
Sul finire della propria vita Nureyev si innamorò perdutamente di nuovo, per la prima volta dopo Bruhn, di un giovane e bellissimo ballerino danese che, come palesava spesso col suo modo sfacciato, gli ricordava tremendamente il suo Erik, che avrebbe voluto plasmare come una progenie sua e di Bruhn. La loro eredità artistica. Un nuovo Erik ma più caldo, non caustico e sfuggente con il quale è stato estremamente generoso, di sé e dei suoi insegnamenti. Che però amava le donne e non si è mai concesso, che l'ha definitivamente respinto. Che si è fatto una famiglia e gli è sfuggito via. L'ossessione. E il karma a chiudere un cerchio.
Erik e Margot non si sono mai piaciuti...e questa è la fine di un film mentale che è probabilmente solo mio, l'ultima delle romantiche. E' stato un bel viaggio e penso seriamente di avere un futuro nel campo dei romanzi rosa per casalinghe disperate.
<3
Nel 1983, davanti al Met; tre anni dopo Bruhn non ci sarebbe più stato.
(Perché amo le foto della vecchiaia e dei segni sul volto di venticinque anni di sentimento, e queste mani che si toccano. Piccoli particolari.)
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